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Via libera alla composizione negoziata della crisi d’impresa: quali tutele per il ceto creditorio?

Con larga fiducia, nella seduta del 13/10/21 il Senato ha approvato il DDL di conversione del decreto n. 118 del 24/8/2021 che, oltre a rinviare l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza al 16/5/2022 (e al 31/12/2023 per la parte relativa alle procedure di allerta esterna) per non “appesantire” la situazione di molte aziende provate dall’emergenza pandemica, ha introdotto all’art. 2 il nuovo istituto della “Composizione negoziata della crisi d’impresa”, applaudito da tutti come strumento di “avanguardia” e di slancio a sostegno di quelle imprese in difficoltà che abbiano la concreta possibilità di rimanere sul mercato, salvaguardandone la continuità ed al contempo tutelando il corretto e paritario trattamento dei creditori (che, alla fine, sono spesso quelli che si trovano  a sopportare il rischio di imprese decotte).

Le norme relative al predetto istituto entreranno in vigore dal 15 novembre 2021 ed impatteranno sui rapporti tra imprenditori e creditori, consentendo ai primi, a prescindere dalle dimensioni o da un giudizio preliminare di “meritevolezza”, di accedere su base volontaria alla procedura di C.N.C. con una semplice istanza nel portale che verrà istituito presso le Camere di Commercio e così di proseguire nella propria attività (quando si ritenga oggettivamente sanabile), mantenendone la gestione, con la possibilità anche di chiedere al Tribunale  “misure di protezione del patrimonio” (cfr. art. 6, quali la sospensione delle procedure esecutive), per evitare che eventuali azioni giudiziarie dei creditori possano pregiudicare le trattative per uscire dalla crisi.

Un ruolo centrale in questo istituto, anche per la buona riuscita delle trattative, è sicuramente quella dell’ “esperto indipendente”, che affiancherà l’imprenditore in crisi nel progetto di risanamento e nella gestione delle trattative con il ceto creditorio.

L’esperto avrà quindi l’importante e delicato compito di valutare, in base ai dati che gli verranno forniti dall’imprenditore, che il risanamento dell’impresa risulti “ragionevolmente perseguibile”.

Inoltre, la normativa prevede che l’esperto, quando ritenga che un atto posto in essere dall’imprenditore possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento dell’azienda, lo segnali per iscritto all’imprenditore ed all’organo di controllo.

Se, nonostante la segnalazione, l’atto viene ugualmente compiuto, l’imprenditore deve informare immediatamente l’esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese. Quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l’iscrizione del dissenso è obbligatoria.

La figura dell’esperto è quindi indispensabile per garantire ai creditori un controllo sull’attività gestoria dell’imprenditore, sulla veridicità dei dati forniti e sulle reali chances di risanamento dell’impresa. Cosa che francamente è mancata nei precedenti istituti creati per risanare le aziende in crisi, che troppo spesso si sono manifestati privi di solide base, poco o per nulla trasparenti e volti solo a procrastinare nel tempo la decozione dell’azienda (si veda il c.d. concordato in bianco).

Altrettanto importante è poi il ruolo che assumerà il Tribunale, il cui ruolo si era affievolito o addirittura era assente nelle altre procedure concordatarie, al quale viene invece ora ridato spazio come organo che vigila e sorveglia la corretta applicazione delle leggi; infatti l’imprenditore, ottenuta a seguito di istanza la misura di protezione del patrimonio (con le conseguenze dette di sospensione delle azioni esecutive eccetera), dovrà comunque presentare un apposito ricorso col quale chiederà al Tribunale “la conferma o la modifica” della misura protettiva ottenuta, presentando idonea documentazione a giustificazione dell’istanza, specie attestante la serietà delle trattative che intenderà coltivare. In questa fase i creditori potranno attivamente partecipare ed eventualmente esprimere il proprio dissenso ed in tal modo si potranno contemperare gli interessi di questi ultimi con le esigenze di tutela della protezione del patrimonio che le trattative devono avere ed alle quali i creditori sono chiamati a partecipare attivamente.

Solo nella concreta applicazione dell’Istituto si potrà valutare la buona riuscita degli strumenti messi in campo dal Governo con il decreto n. 118/2021 per venire incontro agli imprenditori in crisi, ma – guardando la questione dal punto di vista del ceto creditorio – è ovvio che il suo successo non potrà prescindere da un atteggiamento di correttezza, trasparenza, buona fede e diligenza da parte di tutti i soggetti coinvolti, in primis dell’imprenditore stesso.

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