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CONSEGUENZE DELLA MANCATA RISOLUZIONE DEL CONCORDATO OMOLOGATO NEL SUCCESSIVO FALLIMENTO

L’art. 184 L.F. prevede che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla data di pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’art. 161 L.F.

In virtù di tale disposizione, in seguito al decreto di omologa, tutti i “creditori anteriori” alla data di tale pubblicazione, sono obbligati a sottostare a quanto prevede il piano, anche nel caso in cui non si siano pronunciati sulla proposta del debitore o abbiano espresso voto contrario.

Si tratta di quello che, tradizionalmente, é stato definito il c.d. “effetto esdebitatorio” del concordato e che la Corte di Cassazione (n. 13850/2019) ha affermato essere la “proiezione concorsuale del principio civilistico di cui all’art. 1372 C.c.[1].

Una delle conseguenze più rilevanti di tale effetto, che forse non tutti sanno, è quella che, nell’ipotesi di successivo fallimento di una società sottoposta a concordato preventivo omologato e rimasto inadempiuto (cosa che purtroppo capita non di rado), se non via sia stata preventiva risoluzione del concordato e sia decorso il termine decadenziale per proporla previsto dall’art. 186, 3° c. L.F., i creditori “anteriori” – siano essi chirografari o privilegiati – non potranno insinuare al passivo la loro originaria pretesa creditoria, ma verranno ammessi solo per la percentuale indicata nella proposta concordataria omologata, rimanendo quindi vincolati alla falcidia ivi prevista.

In altri termini, gli effetti modificativi delle obbligazioni scaturenti dalla omologazione della proposta di concordato, di cui non è stata chiesta la risoluzione, debbono ritenersi vincolanti anche nella successiva fase fallimentare per i creditori “anteriori”.

La stessa Cassazione, con la recente pronuncia a Sezioni Unite (sentenza n. 4696 del 14/2/2022), nel confutare le contrarie argomentazioni dottrinali e nel confermare l’orientamento giurisprudenziale prevalente sulla possibilità di pronunciare il fallimento di un debitore in concordato preventivo omologato, senza necessità di passare dalla preventiva richiesta di risoluzione del concordato stesso (c.d. fallimento omissio medio), ha sottolineato come la risoluzione del concordato inadempiuto o c.d. dormiente serva al creditore “anteriore” per il diverso scopo di rimuovere l’obbligatorietà del concordato e dunque per restituire al medesimo “la libertà di agire senza limiti concordatari e per l’intero”, ossia per avere la possibilità di essere ammesso al passivo nell’intero originario ammontare del proprio credito (per capitale e interessi) e non già nell’importo falcidiato dalla proposta concordataria.

Per concludere, è opportuno, ove possibile, passare dalla risoluzione del concordato omologato, onde evitare, in caso di successivo fallimento, la conseguenza della riduzione del credito insinuabile al passivo. 


[1] Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge

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