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La fattura elettronica come unica prova del credito per l’emissione del decreto ingiuntivo

L’art. 634, 2° comma C.p.c. prevede che, per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro, nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale, anche verso persone che non esercitano tale attività, siano considerate “prove scritte” idonee all’emissione del decreto ingiuntivo gli “estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e ss. c.c., purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute”

L’emergenza pandemica, con la diffusione dello smart working, ha tuttavia reso più complesso per le aziende recuperare la suddetta documentazione, anche per la necessità di dover “passare” dal Notaio.

Cosa poter fare, allora, per coniugare l’esigenza di non interrompere le azioni di recupero del credito con le difficoltà pratiche di ottenere gli estratti autentici notarili? Si può depositare il ricorso monitorio producendo, come prova del credito, le fatture elettroniche, in formato .xlm con le ricevute di consegna allo SDI. 

Antesignano di questo orientamento è stato il Tribunale di Verona che in data 29/11/19 accoglieva il ricorso ed emetteva quindi in favore di un’azienda creditrice il decreto ingiuntivo, argomentando che “la fattura elettronica è titolo idoneo per l’emissione del decreto ingiuntivo, poiché tale documento deve ritenersi prova scritta equipollente all’estratto autentico delle scritture contabili previsto dall’art. 634, secondo comma, C.p.c.”. 

Alla base di tale decisione è il fatto che il Sistema di Interscambio (SDI) genera documenti informatici genuini, autentici ed immodificabili, da qualificarsi come “duplicati informatici”, indistinguibili dagli originali, che possono essere scaricati da una fonte “terza” come l’Agenzia delle Entrate, come si desume dalla normativa prevista dal CAD e dai provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate sul tema (provvedimento n. 89757/2018): un file in formato .xlm, non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati rappresentati nel documento. Nella fattura elettronica, inoltre, il Sistema di Interscambio (SDI) che gestisce le procedure telematiche, effettua un controllo sulla validità del certificato di firma e, qualora la verifica dia esito negativo, il file viene automaticamente scartato dal Sistema e viene generata la c.d. ricevuta di scarto.

Premesse tali caratteristiche, i soggetti obbligati ad emettere in via esclusiva le fatture elettroniche ed a trasmetterle tramite il sistema SDI a soggetti pure sottoposti all’obbligo di fatturazione elettronica sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri contabili di cui agli artt. 23-25 DPR 633/72 (decreto iva), con conseguente inapplicabilità o superamento dell’art. 634, 2° comma C.p.c.

Le finalità della vidimatura e bollatura dei libri contabili servivano infatti a dare garanzia di autenticità dei medesimi nonché dell’immutabilità dei dati in essi contenuti. Tali caratteristiche sono ora contenute in sé nella fattura elettronica, tanto più che gli obblighi di vidimatura e bollatura sono stati da tempo aboliti.

L’orientamento dei Tribunali non è tuttavia ancora univoco sulla questione e soprattutto va da sé che ogni Giudice ha un suo pensiero al riguardo. Ad esempio, nel Tribunale di Milano la maggior parte dei Giudici ha emesso decreto ingiuntivi sulla base delle sole fatture elettroniche, mentre alcuni hanno sospeso il ricorso, chiedendo alla ricorrente di integrare la prova del credito con la produzione del consueto estratto autentico notarile, sulla motivazione che l’art. 634, 2° comma C.p.c. non è stato abrogato. 

Tuttavia, considerato il risparmio di tempi e di costi per l’azienda dato dalla produzione delle sole fatture elettroniche e la possibilità, eventualmente, di integrare in seguito la documentazione ove richiesto dal Giudice, si ritiene valga assolutamente la pena tentare questa strada.

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