News

Recupero di un credito verso la PA: quali possibilità se il contratto è nullo?

Capita sovente, nella prassi commerciale e per l’urgenza che spesso connota la fornitura di determinati servizi, che i contratti stipulati con la P.A. vengano conclusi con semplice scambio di corrispondenza con cui vengono manifestate “proposta” ed “accettazione”, senza tuttavia quella “forma solenne” che invece la legge richiede a pena di nullità quando un soggetto contraente è la Pubblica Amministrazione.

In tal caso, se il contraente privato (soggetto creditore) si trova nell’impossibilità di ottenere il pagamento di una fornitura o di un servizio reso in favore della P.A. tramite l’azione tipica (contrattuale) di esatto adempimento, per mancanza della forma scritta ad substantiam del contratto sotteso alle fatture, può legittimamente formulare, in via sussidiaria, domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 C.c. dimostrando, oltre alla sussistenza del fatto materiale costituito dalla fornitura dei beni o servizi resi, il vantaggio ottenuto dall’ente pubblico, il danno subito ed il nesso causale tra l’arricchimento di una parte e il depauperamento dell’altra.

In tal senso, si è pronunciata la XII Sezione Civile del Tribunale di Napoli, con una recente sentenza pubblicata il 26/6/2020, a definizione di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da una Regione per contestare il credito di una nota casa editrice, derivante dalla pubblicazione di avvisi legali (bandi di gara) nel proprio quotidiano. 

Nella fattispecie, la PA opponente – senza negare di aver ricevuto la prestazione commissionata né contestare nel quantum il corrispettivo addebitato – deduceva la mancanza di forma scritta del contratto sotteso alle fatture azionate secondo le regole dell’evidenza pubblica e perciò eccepiva l’illegittimità del credito e chiedeva revocarsi l’ingiunzione di pagamento. 

Si costituiva la casa editrice insistendo per la conferma del decreto ingiuntivo in quanto il contratto era stato concluso, in via d’urgenza, tramite scambio di corrispondenza con un’impresa commerciale, secondo gli usi del settore, chiedendo comunque, in via subordinata, la condanna dell’Amministrazione inadempiente al pagamento del credito azionato a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 C.c.

Il Giudice di merito, accogliendo la doglianza della parte opponente sulla nullità dei contratti per assenza di forma scritta ad substantiam, revocava il decreto ingiuntivo ma, nel contempo, riteneva fondata la domanda sussidiaria di indebito arricchimento proposta dalla casa editrice.

In particolare il Tribunale, richiamando la pronuncia della Corte di Cassazione Sezioni Unite (sentenza del 27/10/2010, n. 26128), ha configurato la suddetta domanda come “domanda nuova” rispetto a quella di adempimento contrattuale, ma da ritenersi ammissibile se tempestivamente proposta in via sussidiaria per il caso di accoglimento dell’eccezione di nullità del contratto sollevata dalla controparte. Diversamente, il creditore non avrebbe altra azione tipica per far valere il proprio diritto.

Il primo elemento di grande interesse della pronuncia in esame è dunque di natura processuale. 

Il Tribunale di Napoli, infatti, pur qualificando la domanda di ingiustificato arricchimento come “domanda nuova”, ha ritenuto la stessa ammissibile laddove ricorrano i requisiti della sussidiarietà e della tempestività della sua proposizione.

Altro elemento di interesse è di natura sostanziale e riguarda l’accoglibilità della domanda di ingiustificato arricchimento a prescindere dall’utilitas ricevuta dall’ente (circostanza che il creditore non è tenuto a dimostrare), laddove venga dimostrato – oltre alla sussistenza del fatto materiale della fornitura di cui si reclama il pagamento – il vantaggio/arricchimento ricevuto dall’ente pubblico, il danno subito dal creditore ed il nesso di causa tra l’arricchimento di una parte e il depauperamento dell’altra. In tal caso, il creditore ha diritto ad un indennizzo, che secondo il Tribunale può essere commisurato alla perdita economica per la prestazione fornita e non pagata dall’ente, che configura l’arricchimento di quest’ultimo. 

In conclusione, il Tribunale di Napoli, pur revocando il decreto ingiuntivo, ha accolto la tesi difensiva della casa editrice ed ha condannato l’Amministrazione al pagamento, in favore della stessa, di una somma corrispondente allo stesso ammontare del credito azionato, a titolo di indennizzo ex art. 2041 C.c.